Viaggiare in auto, lentamente, per l'Italia è una continua sorpresa. Per un fotografo è quasi fastidioso. Non riesco mai a ripartire, ad ogni curva una fermata obbligatoria. Chi viaggia con me ormai lo sa. O rimane a casa o raddoppia la tabella di marcia. Questi salici che salgono fuori dal lago Trasimeno erano un richiamo irresistibile. La piatta luce di una grigia mattina li stacca dallo sfondo.
Del "non sapere" e del sentirsi grandi fotografi: lo "Sguardo rovesciato" di Roberto Cotroneo
Pensieri leggendo "Lo sguardo rovesciato. Come la fotografia sta cambiando le nostre vite" di Roberto Cotroneo.
Read MoreSenza seggiovia: storie di ordinaria resistenza in montagna.
"I giornali parlano di tutto, tranne che del giornaliero. Quello che succede veramente, quello che viviamo dov’è? Il banale, il quotidiano, l’evidente, il comune, l’ordinario, l’infra-ordinario, il rumore di fondo, l’abituale, in che modo renderne conto, in che modo descriverlo? Forse si tratta di fondare la nostra propria antropologia: quella che parlerà di noi, che andrà cercando dentro di noi quello che abbiamo rubato così a lungo agli altri."
(Georges Perec – L’infra-ordinario 1973)
Citazione della citazione di Perec dal post odierno di Sara Munari, arrivato proprio mentre sto per pubblicare questa fotografia: la faccio mia perchè è troppo calzante, non resisto.
In montagna, anche sul nostro Appennino a portata di wi-fi, il quotidiano è molto particolare. Non c'è nulla di ordinario, per scaldarsi si possono anche pigiare pulsanti vari, ma è troppo normale, economico, andare a legna (non vorrai mica usare quella pazzesca invenzione del pellet?!?). E la legna si prende con carriola e bambina nel marsupio.
Sto fotografando da tempo la vita ordinaria di persone che hanno scelto di stare in montagna, volendolo. Potrebbero scendere, stare più comodi e mettere la sveglia due ore dopo: in pianura tante cose son scontate, non serve telefonare allo spalatore per sapere se oggi riesce a raggiungerti.
Comincio dalle donne perchè su di loro spesso la pressione è più alta. All'uomo, come si sa, basta un bar aperto nel raggio di 15 chilometri.
Forse siamo noi fuori dall'ordinario: quelli che vivon d'estate con il giacchetto sotto l'aria fredda e l'inverno stiamo in casa in mutande.
Questo non è un post sulla postproduzione: la visione del fotografo e Lightroom
Una fotografia di paesaggio in high-key: questione di tecnica o di visione?
Read MoreDi Dio e della montagna
Una poesia di Gautier e le Tre Cime di Lavaredo sotto il temporale.
Read MorePiccolo uomo davanti al monte
L'annuncio di un reportage fotografico sulla vita in montagna.
Read MoreHo fotografato Francesco Cito
Francesco Cito (intervista su NikonSchool "Sguardi")non ha in Italia la notorietà che si merita. Credo si possa definire un "cervello in fuga". Ha dovuto cominciare all'estero perchè qui nessuno se lo filava, poi quando è arrivato alle nostre redazioni, lavorava perché "è quello che pubblica su Life". Credo sia stato il primo reporter ad entrare in Afghanistan (qui un'altra bella intervista su FOTOUP) allo scoppio della guerra con la Russia, si fece 1200 chilometri a piedi con i mujahidin.
Quando stavo lavorando con Massimo Zarucco a Trento per UNPAESEINSCALA mi vedo salire in sala di posa questo bel tipo con due Nikon al collo, barba da esploratore (non per nulla il suo mito è sempre stato Walter Bonatti!) e giubbino multitasche, il vero prototipo del fotoreporter con la faccia da film. Si guarda intorno, chiede cosa stiamo combinando, io rispondo "da collega" (mi vergogno ancora a pensarci). Continuo a pensare dove ho già visto quest'uomo. Alla fine decide di farsi fotografare come gli altri e mentre si siede mi si accende il lampo: avevo appena ammirato su una rivista il suo splendido reportage sui matrimoni a Napoli (quello che gli ha fruttato un World Press Photo, non l'unico nella sua carriera!). Lo guardo e gli dico "ma... tu sei Cito?". Alla risposta affermativa chiamo Massimo e abbiamo passato una buona mezz'ora in chiacchiere e ritratti reciproci. Anni dopo lo incontrai a Spezia durante una sua serata organizzata da Mauro Fioravanti. In quell'occasione facemmo una bella chiacchierata accompagnandolo all'albergo, mi sembrava di parlare con la storia della fotografia. Scianna lo ha definito il miglior reporter italiano.
Nel libro di Trento non gli abbiamo dedicato una paginona intera perché ci eravamo imposti di trattare tutti allo stesso modo: lui avrebbe meritato più attenzione anche solo per il suo ritratto ma ci sembrava di far una concessione ad un mito, non volevamo essere di parte. Ne sono un po' pentito.
Mi ricordo che scattò qualcosa anche lui. Magari gli giro l'articolo e faccio richiesta di scambio con il libro che non gli ho mai mandato.
Una rara foto utile: "UNPAESEINSCALA-ritratto di famiglia"
Unpaeseinscala è un progetto fotografico che ho cominciato nel 2005: mi ero messo in testa di raccontare la mia città, La Spezia, attraverso i volti di "tutti" i suoi abitanti. Volevo costruire un enorme album di famiglia alla maniera del fotografo ambulante di un tempo. Poi una cosa tira l'altra, mi son fatto prendere la mano e sono ancora qui a parlarne dopo dieci anni, sei o sette tappe in giro per l'Italia e oltre diecimila persone fotografate
L'idea mi era nata dalla passione sviscerata per il lavoro di Paul Strand e Cesare Zavattini a Luzzara, paese natale dello scrittore che invitò il grandissimo fotografo a raccontare il suo paese a quattro mani, foto e testi. Il libro che nacque, "Un Paese" è una pietra miliare della storia della fotografia. Strand faceva il suo lavoro condotto da Zavattini, quando scattava ritratti le persone venivano intervistate. Ovviamente le esigenze del lavoro non poterono dedicare attenzione a tutti gli abitanti. L'autore se ne lamenta nell'introduzione e dice, più o meno (cito a memoria) "mi piacerebbe un bel giorno fare un librone di mille pagine e dedicarne una ad ognuno dei miei compaesani. E se non lo farò io, che lo faccia qualcun'altro". Con un bel po' di presunzione decisi di accollarmi idealmente l'impresa. Il nome del progetto "inscala" è dovuto sia alla ovvia considerazione che il mio "UNPAESE" è ben poca cosa se paragonato all'originale, sia al fatto che dietro alla campagna fotografica c'è il pensiero che il valore di ogni persona è un "tutto" indispensabile alla comunità. Non è il numero che conta, ma la singola, individuale, irripetibile storia di ognuno all'interno della sua città. Ogni persona "è" la città. Ne deriva che i soggetti fotografati non sono la teoria dei personagi più pittoreschi, belli o importanti. Ogni storia ha il diritto di essere raccontata.
Tra varie "peripezie" il progetto fu partorito nel 2005 dopo ben cinque anni di ragionamenti, abbandoni, ripensamenti. Finalmente una serie di incontri felici fanno rinascere l'idea.
Cerco di costruire una squadra di colleghi, pensavo ad una campagna di ritratti collettiva. Mi sarebbe piaciuto che a guidare le operazioni fosse Gianni Berengo Gardin, "padre" di tutti i fotografi italiani e, soprattutto, autore di "Un Paese Vent'anni dopo", campagna fotografica del 1975 sempre con Cesare Zavattini. Nessuno quindi più indicato di lui. Non mi scorderò mai il primo contatto: pesco semplicemente il numero dall'elenco (eh sì, esistevano ancora telefoni fissi ed elenchi!), mi risponde e dopo pochi giorni mi ritrovo a casa sua a MIlano. Mentre mi fa vedere cimeli, mille libri fotografici e altro (come la famosa dedica di HCB) gli racconto del progetto. Dice che parteciperà molto volentieri. Era il giorno del mio compleanno, il 12 Aprile del 2005, un bel regalino per me.
Invito allora alcuni fotografi spezzini, quelli con cui mi sentivo in sintonia e che apprezzavo maggiormente. Alcuni hanno smesso, altri come Iacopo Benassi sono diventati meritatamente famosi. Ad Agosto Gianni Berengo Gardin tiene a battesimo i primi scatti dopo una presentazione alla stampa in pompa magna. La modalità delle riprese è centrata su una sala di posa itinerante, ricavata in un bellissimo caravan da circo di Alessia Carozzo, amica, ispiratrice e collaboratrice dell'epoca. Lo piazziamo nelle piazze e chiunque può venire a farsi ritrarre. Il progetto prosegue poi in modo diverso dal preventivato ma la sostanza è che UNPAESEINSCALA, dopo oltre 2000 ritratti alla Spezia, ha toccato Trento, dove ho avuto il piacere di lavorare insieme a Massimo Zarucco, poi Genova, Sassari, Cagliari e altri centri minori, per oltre diecimila ritratti eseguiti.
Oggi ho voglia di ricominciare. Le cose nella vita vanno e vengono, l'uomo determinato crede di guidarle, gli sconclusionati come me pensano che debbano "accadere". Altri incontri, nuovi amici, esperienze accumulate hanno ricreato le occasioni giuste.
Nel riproporre il progetto, insieme a Simone Paoli e Letizia Merlo, voglio ripartire da una delle migliaia di foto scattate a Trento e pubblicata poi nel libro relativo a quella tappa. Da questa immagine e dalla storia che la accompagna scoppia fuori prepotente il senso del fare fotografia e di questo progetto.
La persona che vedete nell'immagine di apertura, la seconda dall'alto a sinistra, quell'uomo con una fotografia in mano, la ritrovo alla mostra finale: esposti tutti i ritratti alla fine delle riprese, tutti potevano venire a prendersi la propria stampa, volevo che le fotografie "tornassero" nella mani dei veri protagonisti del progetto (in fondo sono un fotografo ambulante!).
Non resisto e gli scatto una foto della foto...con la foto in mano!
Chiedo come mai si fosse presentato in sala di posa con quella stampa in mano. Lacrime agli occhi, racconta che la foto di sua madre con lui bambino in mezzo ai fatellini era costata carissima all'epoca, non avevano molti mezzi ed erano scesi dalle montagne in città per farsi un ritratto con i vestiti migliori. La donna doveva mandare al marito, in prima linea al fronte, giovanissimo ma già padre di tre figli, una "prova" che gli permettesse di essere spostato nelle retrovie per non lasciare una banda di orfani. L'operazione riuscì: non solo la foto salvò la vita al padre, ma dalle cucine dove era stato mandato ogni tanto riusciva anche a spedire a casa un pezzo di parmigiano. E' una delle rare foto davvero utili che conosco.
Coming soon.
Quella che segue è la citazione che apriva una delle pagine del libro "Trento in scala". E' del 55, l'anno di pubblicazione di "Un Paese", chissà se La Pira lo aveva già visto.
Le città hanno una vita propria: hanno un loro proprio essere misterioso
e profondo: hanno un loro volto: hanno, per così dire, una loro anima ed
un loro destino: non sono cumuli occasionali di pietra: sono misteriose
abitazioni di uomini
(Giorgio La Pira, 1955)
Benvenuti al Sud: degli incontri che ti capitano durante un workshop fotografico
Matera, Giugno 2015: il Renato, guida professionista materana, dopo averci accompagnato a fotografare le chiese rupestri che circondano la città dei Sassi, ci racconta il suo...mestiere precedente! La fotografia è sempre un modo per scoprire il mondo. Questa volta in modo esilarante.
Se dopo aver visto il video ti capiterà di passare da Matera non devi farti scappare l'occasione di un giro sulla Murgia con Renato Favilli e MATERAVVENTURA!
10 modi per migliorare le tue foto (senza comprare attrezzatura!) →
"Mai tanta attenzione per la fotografia". Chiunque si occupi dell'argomento concorda sul fatto che da un po' di tempo, passato il contraccolpo del salto analogico-digitale, la fotografia goda di nuova vita. Tantissimi amatori, blog a tema su ogni testata che si rispetti, corsi che fioriscono ovunque...
Ma (mai che le cose vadano lisce per una volta!) alcuni vanno oltre e aggiungono che mai il livello medio è stato così basso. Si parla di mancanza di cultura, eccessiva facilità del digitale che produce poca "gavetta", eccesso di post-produzione.
Io non so dove stia il vero ma sicuramente noto che la corsa alla scorciatoia ( non si parla ovunque di "tips&trikcs"?) è molto praticata.
Ne esistono essenzialmente due:
a) mi manca quell'obbiettivo (macro, grandangolo, supertele luminoso...qui ognuno metta i suoi preferiti).
b) non so come ottenere quell'effetto in Ps ( o Lr o....quello che volete).
Ora, visto che la presunzione non mi manca e che ho ormai qualche anno di esperienza sulle spalle e moltissime persone incontrate durante i miei workshop ho concretizzato il mio piccolo contributo alla soluzione del dilemma.
Ho scritto un manuale di tecnica! Ebbene sì, sembra una contraddizione: chi mi conosce sa che amo parlare di fotografia piuttosto che di macchine fotografiche. Inoltre, vista la premessa, forse era meglio un compendio di storia della fotografia oppure una manualetto veloce sulla composizione fotografica.
Invece ho pensato alla strada apparentemente più difficile: un po' di sano esercizio, conoscenza dei fondamenti della fotografia, costruzione di un bagaglio visivo che verrà comodo per tutta la tua vita fotografica.
Un ebook con 10 esercizi semplici ma che richiedono il mettersi in gioco da zero, per chi vuole davvero coltivare la propria visione fotografica.
Buon lavoro!
Davide
Steve McCurry
Avete dato un'occhiata alle fotografie di McCurry? Cosa ne pensate?
Il mondo che ti circonda
L'inizio di una mia avventura: il primo vero post sul mio nuovo blog, fresco fresco, la prima giornata da insegnante stabile di fotografia a Genova per una scuola professionale molto importante. Non aggiungo nomi né link, il sito è in pieno rinnovamento e preferisco attendere. Proprio in questi giorni stiamo girando un video sui nuovi contenuti con un team di altissimo livello (1oWatt...guardate solo lo studio di Milano!).
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